Ma l’U.C.I. lavora a sua insaputa?

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La domanda mi viene a leggere il loro recente comunicato per i caschi da crono visti in questi giorni.

Vi ricordate quel politico che sostenne che la casa vista Colosseo gli era stata pagata a sua insaputa? Ecco, a me sembra che l’U.C.I. se non proprio a sua insaputa sia abbastanza confusa.

Questo il comunicato.

La costante ricerca del miglioramento delle prestazioni e la sempre maggiore attenzione ai dettagli portano le squadre professionistiche e i produttori di equipaggiamento a sviluppare i loro prodotti sempre più spesso con design molto spinti. L’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) desidera oggi chiarire la propria posizione in merito alla categoria dei caschi.

In primo luogo, l’UCI ha recentemente informato Specialized di una revisione condotta sulla componente calza del casco TT 5 dell’azienda americana. Tale revisione è stata effettuata per determinare se il casco fosse in linea con l’articolo 1.3.033 del Regolamento UCI, che vieta l’uso di componenti “non essenziali” che non abbiano esclusivamente finalità di abbigliamento o sicurezza.

Dopo aver condotto un processo approfondito, che ha incluso la consultazione con Specialized, nonché l’esame della documentazione legata alla certificazione del casco, delle istruzioni di sicurezza e delle informazioni provenienti da fonti pubbliche, si è giunti alla conclusione che la calza per la testa è un componente “non essenziale” (articolo 1.3.033 del Regolamento UCI). Di conseguenza, la calza per la testa integrata nel casco TT 5 non sarà più consentita per l’uso in eventi del calendario internazionale UCI, a partire dal 2 aprile 2024.

Per quanto riguarda il casco prodotto da Giro Sport Design, utilizzato dal Team Visma|Lease a Bike al prologo della Tirreno-Adriatico, così come il casco Rudy Project Windgream HL 85 (utilizzato dalla Bahrain Victorious) e il casco Poc Tempor (utilizzato da diverse squadre), l’UCI riconosce che, pur non contravvenendo direttamente ai Regolamenti UCI in vigore, ciò solleva una questione significativa riguardante l’attuale e più ampia tendenza nella progettazione dei caschi da cronometro, che si concentra più sulle prestazioni che sulla funzione primaria di un casco, ovvero garantire la sicurezza di chi lo indossa in caso di caduta.

Alla luce dell’evoluzione di queste situazioni e di altri problemi riscontrati negli ultimi anni, in relazione al requisito della disponibilità commerciale, al divieto di componenti non essenziali e alla forma e alle dimensioni dei caschi da cronometro, l’UCI intraprenderà una revisione delle sue regole sulla progettazione e sull’uso dei caschi in gara. In questo modo, intende garantire che esse definiscano un quadro chiaro e coerente con gli obiettivi prefissati. Qualsiasi modifica a queste regole sarà comunicata rapidamente dopo la sua adozione da parte degli organi competenti dell’UCI.

Ora il problema dov’è?

Semplice: ai nastri di partenza ci sono loro a controllare che tutto sia in regola, Specialized è un anno che usa quel casco, il materiale è già stato vagliato proprio da UCI che lo ha giudicato idoneo.

Insomma, perché adesso questo polverone? Aziende che hanno investito fior di quattrini in ricerca, sperimentazione e test, si sono visiti approvare il materiale e ora che fanno?

Prima erano sicuri e poi no?

Vi ricordate quando l’UCI vietò le bici da crono, di punto in bianco? E poi retromarcia? Anche lì non è che quelle bici fossero arrivate in gara a loro insaputa.

Quindi ho l’UCI (non)funziona come le nostre banche dati che non comunicano tra loro, tipo Sistema sanitario nazionale che è nazionale ma le regioni non si parlano e una non sa cosa fa l’altra oppure qualcosa non mi torna.

Boh.

Buone pedalate

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